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Ho iniziato a cantare in uno stile di cabaret, a metà tra attrice e narratrice. Ma è stato il jazz a stregarmi.
Un talento pazzesco, swinga con una naturalezza pari alle grandi del passato, compone e interpreta cover con con grande maturità. Tra jazz e chanson francese, virtuosa, euforica e un po’ sfacciata. Il titolo del suo ultimo album oltre ad essere un omaggio, è già una dichiarazione di intenti: Pas de Géant è infatti la traduzione letterale di Giant Steps, leggendario standard di John Coltrane del 1959. Nell’album Camille trasforma il virtuosismo del sassofono di Coltrane in un’esibizione vocale fenomenale e liberatoria, incantandoci con la stupefacente canzone Là où tu vas, strutturata su un testo colto e spiritoso, semplice e allo stesso tempo provocatorio. Il potenziale canoro di Camille, dallo stile dolce, libero e sfrenato, porta con sé note di freschezza nell’universo del jazz in un modo del tutto accattivante: il suo è infatti uno stile musicale personalissimo fatto di ritmi e note frizzanti, ma soprattutto di parole che, come charades, si riflettono nei suoi testi scanzonati: “Certes, il faut ne pas penser / Penser en s’remplissant la panse / De vide gras et d’esistenza / Et se concentrer sur sa chance “[” Certo, non pensare troppo / Pensa mentre ti riempi la pancia / Di grassa vanità e vita / E concentrati sulla tua fortuna “]. Camille interpreta con vertiginosa precisione e disinvoltura l’aria delle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach, riprende Comment te dire adieu di Serge Gainsbourg o la surreale Conne di Brigitte Fontaine e La Femme coupée en morceaux di Michel Legrand, scrive e canta in brasiliano su alcuni pezzi di Wayne Shorter e in francese su quelli di Bill Evans… I suoi passi da gigante vanno contemporaneamente in dieci direzioni diverse, intrecciando sapientemente Les Double Six a Helen Merrill, Claude Nougaro a Meredith d’Ambrosio, i film di Jacques Demy con Lambert, Hendricks & Ross, e ancora Jacques Loussier con André Minvielle.
La passione musicale di Camille si staglia nota per nota sullo sfondo della sua profonda cultura classica e jazz.
Volevo un disco che riflettesse me stessa, non solo un genere musicale.
La complessità dello stile di Camille Bertault è dovuta alla diversità degli interessi e delle attitudini, non necessariamente legati alla musica, che hanno segnato la vita artistica della cantante: dopo aver studiato sin da bambina il repertorio classico del Conservatorio (Ravel, Debussy, Chopin, Scriabin), il temperamento ribelle della giovane Camille emerge ben presto e la porta ad accostarsi a musicisti del calibro di Jeff Buckley, Björk, Fiona Apple, Léo Ferré, Barbara, Serge Gainsbourg, tendendo contemporaneamente un orecchio verso il Brasile e i suoi stili vocali (Elis Regina, Djavan, Cesar Camargo). Compiuti vent’anni, Camille dirotta la sua curiosità verso la recitazione e inizia a scrivere e suonare pezzi per bambini, anche se dopo sono stati gli studi di armonia, composizione e canto jazz al Conservatorio di Parigi a fornire una solida base teorica alle sue creazioni, fatte di improvvisazione e numeri di cabaret.
Ogni tassello della carriera artistica di Camille, a prima vista così diverso dal precedente, si è incastrato perfettamente nel puzzle del suo debutto: con una buona dose di follia, l’artista si è filmata durante la sua interpretazione vocale della cascata di note di Coltrane in Giant Steps, attirando quasi subito su di sé la curiosità degli appassionati di jazz su Youtube. Poco dopo, nel 2016, esce il suo primo album, En vie. François Zalacain, a capo dell’etichetta americana Sunnyside, la introduce a Michael Leonhart e Dan Tepfer. Michael, trombettista e polistrumentista avrebbe prodotto il suo nuovo album, mentre Dan l’avrebbe accompagnata al piano. Entrambi parlano francese e hanno un’attenzione spiccata per il testo, afferma con entusiasmo Camille Bertault, lontana dal voler incidere un disco in cui la voce serva solo da mero strumento. Ad accompagnarla, Stéphane Guillaume al sassofono, Daniel Mille alla fisarmonica, Matthias Malher al trombone, Christophe «Disco» Minck e Joe Sanders al basso, Jeff Ballard alla batteria. Possiamo quindi affermare che Pas de géant è un album su Camille Bertault, una sorta di alfabeto delle sue acrobazie canore, delle sua sensibilità musicale e della sua sfrenata libertà creativa.
Coltrane non ha avuto modo di conoscerla, ma certamente da qualche parte le sorride compiaciuto.