Ingresso: 20,00€
Il folksinger preferito dal Boss presenta il suo nuovo capolavoro: The Crossing
Esistono vite maledette e vite maledettamente vere. I sessantotto anni di Alejandro Escovedo appartengono a entrambe le categorie, ma si portano dietro un’altra sublime maledizione eterna: quella di scrivere canzoni folgoranti. Il songwriter texano torna in Italia con un nuovo album, The Crossing, registrato in Italia e co-prodotto da Brian Deck (Modest Mouse, Gomez, Iron & Wine), in collaborazione con Don Antonio. C’è un punto musicale battuto dal vento dei riff di chitarre distorte, dal tuono del rullante e dai lampi del violino elettrico dove si incontrano il rock’n’roll, il punk, il country e le folk ballad: è il territorio dove Alejandro Escovedo domina e spadroneggia e anche un Boss come Bruce Springsteen gli rende omaggio. Escovedo è refrattario a qualunque forma di barriera musicale, nel suo territorio la musica è una sola: una soave ballad suonata alla acustica è sorella e compagna di un punk rock elettrico e mozzafiato. La sua voce risoluta e la sua personalità unica riuniscono ognuno dei generi da lui amati e praticati sotto un marchio stilistico inconfondibile, che risplende al meglio dal vivo; è il palco, infatti, la dimensione in cui Alejandro si esprime a livelli assoluti. Cresciuto in Texas in una famiglia di musicisti immigrati dal Messico (i suoi fratelli Pete e Coke erano storici percussionisti, Coke anche membro della band di Santana, e Sheila E, sua nipote, è la figlia di Pete), la sua carriera è stata in lenta e inesorabile ascesa da quando nel 1992, dopo aver fatto parte di numerose band ed essersi fatto le ossa sui palchi degli States percorsi in lungo e in largo, ha deciso di fare il grande salto e di registrare il suo primo disco solista, Gravity. In quel periodo Alejandro è attivo sulla scena musicale di Austin, dove ha l’occasione di conoscere e lavorare con grandi personaggi come Townes Van Zandt, Billy Joe Shaver, i fratelli Jimmy e Stevie Ray Vaughan, Stephen Bruton. E’ proprio quest’ultimo a credere nel talento di Escovedo e a produrre i suoi primi tre dischi. Nel 2003 è in tour per presentare il suo sesto disco By the hand of the father, quando la sua vita è messa in grave pericolo da una grave forma di epatite C. Le cure sono costosissime e Alejandro si trova nell’immediato bisogno di una grossa somma di denaro per poter combattere il suo male. E’ in questo frangente drammatico che ottiene un riconoscimento che pochissimi artisti possono vantare in vita: un doppio CD-tributo intitolato Por vida, nel quale tantissimi colleghi presentano una sua cover per raccogliere fondi per le sue cure. Il cast è davvero stellare e offre un’idea di quanto Alejandro sia apprezzato dagli altri musicisti: i fratelli Pete e Javier e la nipote Sheila E., ovviamente, e poi Calexico, Steve Earle, Lucinda Williams, Howe Gelb, Ian Hunter and the Jayhawks, Cowboy Junkies, Vic Chessnut, Charlie Sexton, Charlie Musselwhite, Ian McLagan, John Cale. Ed è proprio quest’ultimo a produrre l’album con cui Alejandro fa il suo trionfale rientro sulle scene nel 2006, The Boxing Mirror. E’ invece il grande Tony Visconti (produttore e collaboratore per lunghi anni di David Bowie, oltre che di T Rex, Gentle Giant, Morrisey, Stranglers e tanti altri) a produrre Real animal (2008) e Street song of love (2010), il decimo della sua carriera. Alejandro è stato punk con i The Nuns di San Francisco, cowpunk nei Rank & File, rocker di razza con i True Believers di Austin e artista solista sin dai primi anni '90, collaborando con artisti del calibro di John Cale, Los Lobos, Peter Buck e Scott McCaughey e Chuck Prophet. L’autorevole rivista No Depression lo ha eletto Artist of the Decade. La produzione dell’album Burn something beautiful è stata affidata ad uno dei suoi tanti fan prestigiosi, Peter Buck dei R.E.M. che ha dichiarato di aver realizzato il sogno di arrangiare e scrivere insieme a lui. Così in passato hanno fatto, tra gli altri, Bruce Springsteen e Ian Hunter, mentre è lunghissima la lista degli artisti che hanno interpretato le sue street songs d’amore e di lotta, quasi sempre autobiografiche. Caldo e cinematico, The Crossing racconta la storia di due migranti, uno messicano e uno italiano, che arrivano in America per realizzare il loro sogno: incontrare i loro idoli musicali. Quando Salvo e Diego arrivano in America scoprono che è molto diversa da come se la aspettavano: non è poi così aperta e libera. Le diciassette canzoni che compongono il disco si concentrano con uno sguardo chiaro e tagliente sulle questioni del nostro tempo e sulla nostra identità culturale, i diritti delle minoranze e sul razzismo, in questo momento storico particolarmente travagliato. The Crossing, inoltre, vede ospiti anche altri musicisti di primissimo piano, tra cui James Williamson dei The Stooges, Wayne Kramer degli MC5, Peter Perrett e John Perry dei The Only Ones (per la prima volta insieme dal 1980), Joe Ely, Willy Vlautin, romanziere e leader di Richmond Fontaine e The Delines, e Freddy Trujillo. A otto anni di distanza dal suo indimenticabile, intensissimo concerto a Maison Musique e a due anni dal suo ritorno in Italia e dalla sua prima, strepitosa apparizione sul palco del FolkClub, abbiamo nuovamente l’occasione imperdibile di riascoltare una voce poetica e sofferta, capolavori come Falling in love again e Down in the bowery. Per chi crede ancora che il rock, quando è autentico e feroce, possa salvare la vita. Anche quella più disperata.
Al FolkClub Alejandro Escovedo (voce e chitara) è accompagnato dalla sua band americana al completo e dalla chitarra di Don Antonio.