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Dal Greenwich Village direttamente nella storia della musica, uno dei grandissimi
È questa un’occasione da non mancare per ascoltare uno degli ‘originali’, uno di coloro, per dirla con le parole del poeta Allen Ginsberg, che …tentarono di mettere la grande arte in un juke-box… Eric Andersen è uno dei fondatori della figura del songwriter come noi oggi la intendiamo, uno di coloro che, all’inizio degli anni Sessanta, si innamorarono delle canzoni popolari, tradizionali, americane; canzoni che avevano anche un centinaio d’anni sulle spalle ma perfette nella stesura del testo e nell’accompagnamento musicale.
L’amore per le canzoni tradizionali portò una serie di artisti a riproporle o a comporne di nuove su quello stile, ma con argomenti legati alla contemporaneità. Artisti come Joan Baez, Bob Dylan, Phil Ochs, Dave Van Ronk e appunto Eric Andersen, per citare i maggiori. I palchi dove questi artisti si esibirono furono, all’inizio, soprattutto quelli dei caffè e di piccoli teatri del Greenwich Village a New York, città che, grazie a questi artisti, ribadì ancora una volta la sua centralità nella scena musicale mondiale.
Le tematiche trattate dalle canzoni dei singer-songwriters, cioè cantautori -come si iniziò a chiamarli- erano spesso di carattere estremamente attuale, di denuncia, al punto tale che assunsero in breve una valenza politica; di certo non si esagera riconoscendo che il primo spunto per le proteste studentesche e i sommovimenti politici e rivoluzionari del 1968 fu dato proprio da queste canzoni.
Il primo album di Eric Andersen, Today is the highway, risale al 1965. Un disco interamente in solo, un capolavoro di cantautorato intimista, grazie anche ai testi altamente poetici, che lo propone come figura primaria della scena cantautorale americana. Con il disco successivo About Changes and things del 1966, Andersen entra nell’Olimpo dei grandi: è questo il disco che contiene Thirsty Boots, brano-manifesto del cantautorato americano e uno degli inni del movimento per i diritti civili americano, inciso negli anni a seguire da decine e decine di artisti. Da allora la produzione dell’artista è stata costante e sempre di alto livello qualitativo. Ricordiamo almeno un album fondamentale per ogni decade della sua attività artistica: Blue River (1973), successo internazionale, molto ascoltato anche in Italia, con la partecipazione di Joni Mitchell alle seconde voci; Ghosts upon the road (1988), l’album del grande ritorno; You can’t relive the past (1999), con la partecipazione del grande Lou Reed; Beat Avenue (2001), ambizioso album doppio, forse il più importante della sua produzione, contenente una lunga suite, tra musica e poesia, che narra in termini fortemente poetici un’ossessione americana: il giorno in cui spararono a John Kennedy.
Dal 2000 Andersen collabora stabilmente con Michele Gazich, che è musicista, produttore artistico, autore, compositore, scrittore di canzoni. Grazie a uno stile personale e decisamente innovativo sul suo strumento principale, il violino, che rende il suo suono immediatamente riconoscibile, Gazich, dopo numerose collaborazioni con artisti italiani, si è fatto apprezzare soprattutto fuori dal paese natale, con significativi e ripetuti tour in USA ed Europa, a partire dagli anni Novanta, con formazioni sinfoniche classiche e contemporaneamente legando il suo lavoro al mondo dei cantautori italiani e dei singer-songwriter soprattutto statunitensi, tra cui: Michelle Shocked, Mary Gauthier, Mark Olson, Richard Thompson, Butch Hancock, Chris Smither e molti altri. Cospicua negli ultimi anni la produzione di album di Michele Gazich di sue canzoni originali: sette album tra cui ricordiamo in particolare l’ultimo, Una storia di mare e di sangue, presentato anche al FolkClub. Michele Gazich, ad oggi, ha collaborato a più di cinquanta album. La collaborazione Andersen-Gazich si è espressa, oltre che più volte con grande successo sul palco del Folk Club, anche sui palchi di tutto il mondo, tra cui Billboard Auditorium a Tokyo, Beat Conference a Tangeri; Mariposa Folk Festival (Canada); Country Music Hall of Fame (Nashville); Museum of the City of New York.
Tornano al FolkClub dopo tre anni Eric Andersen (voce, chitarra, pianoforte) e Michele Gazich (voce, violino, viola, pianoforte).