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presenta ‘10’, il suo nuovo attesissimo album
Fabrizio Consoli è protagonista, dagli anni ’80, di un’intensa attività come session man al fianco di artisti di primo piano della scena musicale italiana, tra cui Eugenio Finardi, Alice, Cristiano De Andrè, Mauro Pagani, P.F.M., O Fado, La notte delle Chitarre e moltissimi altri. Nel 1993, con l'omonimo album di esordio, inizia un percorso che lo porterà a vincere la selezione di Sanremo Giovani ‘94 (nel 1995 sarà sul palco del Teatro Ariston per il 45° Festival della Canzone Italiana), scrivere e produrre diverse canzoni di successo per artisti quali Dirotta Su Cuba ed Eugenio Finardi, creare Forgive Us- un progetto che vedeva alla voce Giovanni Paolo II, vincere premi e riconoscimenti importanti (come il Premio Ciampi 2004), scrivere colonne sonore e anche recitare in commedie teatrali. Numerosi gli album all'attivo: dopo 18 Piccoli anacronismi (2004), e Musica Per Ballare (2009), segue Live In Capetown (2012) ed una fervente attività europea, soprattutto verso Germania, Austria e Svizzera, dove numerosissimi sono i concerti e le partecipazioni a grossi festival e la sua musica -un raffinato crossover tra jazz, tango, canzone d’autore e un’allegra e malinconica voglia di Sud America- è molto apprezzata. Nel 2016, dopo una lavorazione durata ben cinque anni, esce ufficialmente l’atteso ‘10’, terzo capitolo di una 'quadrilogia' iniziata nel ’99: un coraggioso concept album che, rimarcando il legame tra vocazione a sonorità internazionali e radici italiane, rilegge, in chiave laica e contemporanea i 10 comandamenti come fondamento di civiltà, senza dimenticare che, prima che dogmatiche, si tratta perlopiù di regole giuridiche.
Lasciamo che siano le parole dello stesso Fabrizio a raccontare il suo nuovo album e il suo spettacolo: ‘…da tempo non concepisco di lavorare a un nuovo disco senza un'idea capace di fare andare le canzoni oltre la loro capacità evocativa e compiutezza, la loro natura di storia a sé. Oggi risulta difficile l'affermarsi di nuovi repertori, e tutto sembra essere teso a rivalutare, gestire e riprogettare il vestito di ciò che ha già funzionato. Così, quello che qualche anno fa veniva chiamato concept, mi sembra l'unica strada percorribile per dare un senso all'investimento di vita e al lungo periodo di concentrazione ed energie che realizzare un album richiede. E, allo stesso tempo, l'unica strada che consenta a un disco di avere la velleità di aggiungere qualcosa, almeno alla discussione, alla corteccia di chi avrà l'avventura di ascoltare. Con l'avanzare degli anni mi risulta sempre più vero che, per un Artista, “Il tempo dovrebbe servire a lavorare (a opere) senza tempo”’.
Dieci Comandamenti, i pilastri su cui si regge tutto l'insieme di civiltà che è il mondo che conosciamo, così come ci è stato consegnato dalla storia. Ogni cultura li ha, seppur sotto diversa forma, nome e precetti. Dieci Comandamenti. Nonostante, nel corso dei secoli, siano stati più volte disattesi dagli stessi che, per primi, dovevano attuarne messa in pratica e diffusione, i Dieci Comandamenti hanno fatto da collante al vivere civile del mondo occidentale, assumendo una dimensione giuridica, laddove non morale, che va al di là del dogma, del precetto religioso, del loro significato originario e della loro stessa appartenenza a una data religione. Certo, '10' è soltanto un disco di musica leggera... e forse, più che a quello in cui credo, a me è servito a capire quello in cui non credo... ma anche a cosa sono dovute le mie paure, rispetto al futuro dei miei figli, e a quello di cui veramente, nel mondo, e nel tempo in cui ho la fortuna di vivere e operare, sento la mancanza. Non sono né un predicatore né uno che ha capito tutto. Non ho risposte da fornire, solo storie da raccontare.
Stilisticamente, il disco riprende e prosegue il discorso cominciato in Musica Per Ballare e ne condivide la fusione di influenze, colori, temperature e generi diversi e lontanissimi. Per questo alla domanda di un'etichetta da apporre al progetto, la risposta, tra le molte possibili, non mi risulta mai semplice. L'esperienza degli ultimi anni in Europa ha rafforzato in me l'idea che mischiare alla mia cultura e alle mie radici italianissime, il Tango, il Jazz, le musiche del Sud America e dell'Est europeo e oltre, tutta la musica, cioè, che dal mondo è arrivata a parlare alla mia anima, in qualche maniera mi consegna a un linguaggio che tutti possono percepire, al di là della lingua in cui canto. Del resto, tutta la musica che ha forti radici, da quella ‘colta’, cerebrale e metropolitana, a quella più passionale e fuori dal tempo, ha oggi grande consuetudine e riconoscibilità. Si tratta, quindi, di un linguaggio capace di far sì che chiunque, tanto l'Artista quanto l'Ascoltatore, possa ritrovarsi a Berlino, come a New York o a Tokyo -piuttosto che in una piccola città- sentendosi un pò a casa. E se proprio dovessi dare un nome ed etichettare il genere che ne risulta, pur riconoscendo alla parola cantautore l'importanza e il rispetto che si deve a chi ti ha finora indicato un percorso culturale, non la troverei oggi sufficiente, compiuta. Chissà, forse potrebbe essere Metropolitan World Music oppure Urban World Music… In ogni caso e senza dubbio, l'ingrediente, la spezia caratterizzante, il lievito che dà all'amalgama la densità giusta, è il mio cantare -ed essere- Italiano.
Al FolkClub, con Fabrizio Consoli (voce e chitarra) si esibiranno Gigi Rivetti (pianoforte e tastiere), Silvio Centamore (batteria e percussioni) e Marco Milani (tromba).